venerdì 2 ottobre 2009

LA SIR del presidio ospedaliero GESU' E MARIA chiusa dai NAS

In queste ultime ore tutti i pazienti ospiti della struttura sono stati trasferiti presso altre residenze ( SIR e RSA) della ASL NA1, in attesa di ulteriori valutazioni da parte degli organi competenti.
Il presidente ed il vice presidente dell'AFASP, insieme ad una delegazione di familiari di ospiti della struttura, hanno incontrato in settimana la dott.sa Falciatore, Commissario della ASL NA 1.
Alla dottoressa è stata consegnata una nota dell'associazione, dell' aprile 2008, inviata con raccomandata agli allora vertici della Asl ed ai Giudici Tutelari, nella quale si evidenziavano molte caranze della struttura e della assistenza ai circa trenta pazienti con gravi patologie neuropsichiatriche: - " i pazienti contribuiscono con le loro misere pensioni a tutte le attività socio ricreative...per una qualità di vita almeno accettabile. -...i familiari continuano a provvedere all'approvigionamento di biancheria, vestiario, e calzature per far fronte alla cronica carenza della Asl Na1.- i familiari sono ricorsi ad una lavanderia privata...- ...a carico degli utenti pannoloni, carta igienica, deodoranti, contributi per feste e soggiorni estivi.- inadeguatezza della struttura collocata al "2° piano di una corsia d'ospedale...- porte senza vigilanza . - gli ospiti tracorrono le giornate sdraiati sui letti o seduti a terra senza un minimo contatto umano... "
Da allora nessun intervento ed assenza di risposte. Oggi la chiusura.
Resta gravissimo l'atteggiamento assunto, dal dirigente medico Russo, in un recente incontro, nei confronti dei familiari, non solo negando quanto segnalato nella nota, ma tacciandoli in malo modo di essere dei " bugiardi" .
Le condizioni dei pazienti, daltronde, sono sotto gli occhi di tutti.
L'attuale preoccupazione dei familiari, di una "deportazione" poca attenta ai bisogni reali dei pazienti, è stata manifestata apertamente.
La Commissaria si è mostrata comprensiva e solidale, garantendo la massima attenzione al problema e la disponibilità a fornire ai parenti ogni informazione utile sul trasferimento e sulle terapie riabilitative.
Si resta in attesa degli sviluppi.

mercoledì 30 settembre 2009




Follia e peripezie psichiatriche

A parere di Kant "c'è un genere di medici, i medici della mente, che ritengono di aver scoperto una nuova malattia ogni volta che escogitano un nome nuovo"

Devo ai suoi scritti e alle sue conferenze, che leggo e seguo da più o meno 15 anni, molto del mio spirito critico, ma proprio non riesco a capire certe sue idee. Ho 34 anni, sono una psicologa che poi è diventata un giovane medico specializzando in psichiatria. Non capisco perché non si possano fare diagnosi psichiatriche. Non capisco perché debba essere così tanto tragico ed etichettante ricevere diagnosi, per esempio, di disturbo bipolare piuttosto che di epilessia o di sclerosi multipla. Un bravo psichiatra che conosca bene i criteri diagnostici, i meccanismi d'azione dei farmaci e quindi il loro uso corretto, riesce a trattare con successo un disturbo bipolare esattamente come un bravo neurologo tratta l'epilessia e molto meglio di come si riesca a trattare oggigiorno la sclerosi multipla. Chiara Mattei chiaramattei@gmail.it
risponde Umberto Galimberti
Non mi fraintenda, anche se posso avergliene dato l'occasione. Non ho nulla contro la psichiatria e i suoi progressi sperimentali che consentono di individuare farmaci che attenuano la sofferenza, talvolta atroce, di chi soffre di disturbi mentali. Semplicemente vorrei attenuare quella fiducia incondizionata e acritica che alcuni psichiatri nutrono per le loro diagnosi, e ricordare loro che la psichiatria è una "iatria" ossia una pratica medica, non una "loghia", ossia un sapere costruito su chiare basi concettuali. Si prenda ad esempio la crisi di panico, oggi curata con farmaci antidepressivi che rivelano la loro efficacia, senza che questo buon risultato autorizzi a includere il panico nel quadro nosologico delle depressioni. Quando le diagnosi sono decise dall'efficacia farmacologica, come si fa a dar torto a Ludwig Wittgenstein là dove scrive: "La psichiatria è quella scienza fatta di metodi sperimentali e confusione concettuale"? E infatti come opportunamente osserva Ian Hacking dell'Università di Toronto: "Non abbiamo ancora chiara l'interazione tra la conoscenza degli esperti e il comportamento delle persone con problemi psichici. È questo l'obbiettivo da perseguire". È noto che la malattia mentale ha bisogno di vittime e di esperti. Dove ci sono le vittime, ma non gli esperti, oggi diremmo dove ci sono i pazienti ma non gli specialisti, la malattia non è individuata, non è isolata, al limite non è neppure avvertita. È il caso dei bambini che la psichiatria rubrica come "depressi" o "iperattivi", quindi da trattare gli uni con il Prozac e gli altri con il Ritalin. Costoro sono affetti da disturbi mentali reali o vittime di concettualizzazioni psichiatriche, di sindromi alimentate da specialisti, o più semplicemente di postulati tipici di una cultura che vuole medicalizzare ogni grattacapo che dà filo da torcere a genitori, insegnanti, educatori, o più semplicemente ai conducenti degli autobus? A proposito delle malattie mentali, il nostro serbatoio di ignoranza è senza limiti, ma nostre sono anche le confusioni concettuali che le nuove conoscenze e soprattutto le nuove definizioni e le nuove diagnosi non aiutano a eliminare, con buona pace di tutti i rigidi seguaci del DSM (il manuale diagnostico-statistico) che si attaccano alle sue definizioni come un naufrago a tutto quello che gli capita sotto mano per non affogare nel mare dell'incertezza e della non conoscenza. Cento anni di osservazione psichiatrica ci hanno abituato al carattere transitorio di molte malattie mentali, non solo nel senso che queste vanno e vengono nella vita di un individuo, ma anche nel senso che si presentano in una certa epoca e in un certo luogo e poi spariscono, come è il caso della "demenza precoce" della seconda metà dell'Ottocento o dell'"isteria" della prima metà del Novecento, che oggi nessun psichiatra sottoscriverebbe, per non parlare della masturbazione, oggetto degli studi di Tissot e di Zimmerman che si erano specializzati in "malattie respiratorie e masturbatorie". Come si vede, i dati culturali non sono meno significativi dei riscontri clinici. E bene farebbe la psichiatria ad affiancare alla ricerca genetica e biologica un'elevata sensibilità e attenzione per le trasformazioni sociali. Ma per questo occorre una cultura umanistica, perché è difficilmente contestabile il fatto che non è possibile curare la mente, che è l'organo che sintetizza cultura, prescindendo dalla cultura che è il lavoro della mente. Del resto, già quarant'anni fa, lo psichiatra inglese Roland Laing, ne La politica dell'esperienza (Feltrinelli), avvertiva che "la biochimica di un essere umano è altamente sensibile alle circostanze sociali". Evitiamo di invertire questa relazione e concludere, come sembra fare la psichiatria appiattita sulla farmacologia, per la quale "le circostanze sociali si sono fatte altamente sensibili alla biochimica".
lettere a Umberto Galimberti , D La Repubblica delle Donne " 25/7/09

martedì 29 settembre 2009

AFASP ed Essi Utriainen

Essi Utriainen
As FAst aS Possible, 2007
70 x 45 x 2 cm glass
Poetica coincidenza della scritta AFASP con la scultura di vetro della bravissima artista finlandese Essi Utriainen.
Consigliamo di visionare anche altre sue opere attraverso il suo sito personale: http://www.essi-utriainen.com

Addio a Sergio Piro

Addio a Sergio Piro, uno dei padri della psichiatria italiana
Aveva da poco compiuto 81 anni.
Lo ha trovato morto la moglie Maria alle 23 e 30 di mercoledì.
Era seduto alla scrivania, come se stesse ancora studiando.
È stato storico collaboratore di 'Repubblica'.

Articolo di Giuseppe Del Bello.

Sergio Piro Seduto alla scrivania, davanti allo schermo del computer e appoggiato allo schienale della poltroncina. Così lo ha trovato la moglie Maria alle 23 e 30 di mercoledì. Composto e sereno. Come se stesse ancora studiando. E invece Sergio Piro, uno dei padri della psichiatria italiana, era spirato pochi minuti prima. Probabilmente ucciso da un infarto che ha avuto la meglio sul suo cuore malandato e per due volte salvato dal bisturi.Aveva da poco compiuto 81 anni. Con lui, nato a Palma Campania nel ‘ 27, non solo scompare lo scienziato che, per primo sul finire degli anni ‘60, trasferì al sud le rivoluzionarie teorie di Franco Basaglia per una psichiatria diversa, non più ispirata a quel domicilio coatto che si chiamava manicomio.Con Piro, storico collaboratore di "Repubblica", se ne va il mordace intellettuale che aveva combattuto e ancora si dava da fare in nome della giustizia sociale, a difesa dei diseredati e per veder riconosciuti i diritti dei deboli. Pur di portare avanti un progetto alternativo di cura, dopo aver abbandonato l'università nel ‘65, non aveva esitato a scontrarsi con il potere istituzionale che gli fece pagare cara la sua temerarietà licenziandolo, nel febbraio del ‘69, dall'ospedale Meterdomini di Nocera Inferiore che dirigeva da dieci anni.Spirito indagatore della psiche umana, Piro è stato punto di riferimento per migliaia di pazienti con i quali soleva condividere la malattia mentale. Ed è proprio per questo tratto amicale e privo di susseguo che si era conquistata fama tra le gente e, anche, più di un'antipatia professionale. Per lui era fondamentale perlustrare la frontiera espressiva della follia nel tentativo di tradurne il linguaggio "diverso" che ne derivava.Dopo l'infanzia trascorsa in Sardegna, si trasferì a Napoli, dove si laureò nel ‘51 e mosse i primi passi come volontario della clinica delle Malattie nervose, per specializzarsi in neuropsichiatria a Cagliari con una tesi sulla "Semantica del linguaggio schizofrenico". Per dieci anni (dal ‘59 al ‘69) diresse lo psichiatrico Materdomini di Nocera Superiore dove diede il via alla "comunità terapeutica", la seconda dopo quella di Basaglia a Gorizia.
Membro della segreteria nazionale di Psichiatria democratica dal ‘ 76 all'81, diresse la terza unità del "Leonardo Bianchi" dal ‘74 al ‘75 e, successivamente, lo psichiatrico Frullone. Piro è stato anche direttore del centro ricerche sulla psichiatria dall'80 e docente di Psichiatria dall'83 al ‘91."Piro non è stato solo uno psichiatra, ma un costruttore lucido di libertà e democrazia", ha scritto in una nota la Cgil Campania, mentre per Vincenzo Siniscalchi ex deputato e componente del Consiglio superiore della Magistratura "la scomparsa di Piro priva Napoli di una delle sue più alte espressioni intellettuali"."E' stato anche un uomo di sinistra e grande intellettuale libero da schemi e da ideologismi", ha commentato l'assessore alla Politiche sociali Giulio Riccio.Il sindaco Iervolino ha sottolineato il ruolo di "studioso che, rivoluzionando i principi della psichiatria, ha riaffermato la dignità di vita dei malati". E infine Rino Colavecchia, presidente dell'Afasp Campania (sofferenti psichici) ha ricordato il "contributo spontaneo per la nascita e lo sviluppo dell'associazione".